Speriamo di non essere equivocati dando l'impressione di essere campanilisti oltre ogni limite se proviamo a ridimensionare uno slogan storico della Lega Nord, cioè "Roma ladrona". Senza voler minimamente denegare le tante cancrene del Sud, troviamo insopportabile la spocchia di tanti nordisti che ancora oggi insistono con i soliti luoghi comuni sul parassitismo dei meridionali assolvendosi per le loro gigantesche magagne. Ultimo, il caso Telecom, un intreccio di interessi occulti tra pubblico e privato nonché di cattiva gestione di un colosso della telefonia che si ritrova con il bilancio in rosso nonostante imponga le tariffe più pesanti. Ed è ancora tutto da chiarire fra l'altro il torbido affare delle intercettazioni illegali di cui gli amministratori della Telecom si dicono all'oscuro. E' altrettanto vero che qualcosa non ha funzionato quanto meno sul piano della vigilanza tecnica. E' un settore quello della telefonia che sta drenando capitali immensi, specialmente quella mobile, che incide fortemente sui bilanci delle famiglie a causa dei costi eccessivi che nessun governo, di destra o di sinistra, ha tentato di far ridurre. Capitali enormi che vanno a concentrarsi in poche privilegiatissime mani nel solito contesto economico-finanziario che vede il Sud nel solo ruolo di area di consumo. Roma ladrona, certo. Ma sta di fatto che la Fiat ha scaricato per decenni le sue perdite sul bilancio dello Stato attraverso un uso continuo ed eccessivo della Cassa integrazione. E la Fiat non è certo la sola industria, diciamo così, protetta del Nord Italia. Ci sono poi certi eminenti personaggi che al timone di imperi finanziari si sono avventurati in investimenti spericolati con conseguenti clamorose bancarotte. Personaggi prima osannati fino al leccaculismo e poi caduti in disgrazia nell'ambito di foschi scenari che fanno impallidire quelli delle mafie tradizionali. La grande stampa, a sua volta, essendo in gran parte controllata dai padroni del vapore, anestetizza l'opinione pubblica facendo apparire certe operazioni di banditismo finanziario come semplici incidenti di percorso, mentre di contro suona la grancassa sui fattacci del Meridione. Il che potrebbe anche andarci bene se tanta solerzia informativa non servisse a distogliere l'attenzione del Paese dagli scandali che esplodono al Nord.
Ne è la riprova la sordina messa al caso Parmalat, una gigantesca operazione di razzia messa in atto con un giro vorticoso di affari illeciti e di società di facciata dentro e fuori i confini nazionali. Il tutto sulla pelle di migliaia di malcapitati risparmiatori. E ci si può ben immaginare cosa sarebbe accaduto se a fare andare in fumo i risparmi di mezza Italia fosse stato un imprenditore siciliano. Si può bene immaginare quanto clamore e proteste e anatemi si sarebbero levate al Nord, magari con richieste di valenti giuristi rivolte ad introdurre temporaneamente la pena di morte. E invece, chi ne parla più? Ogni tanto nei telegiornali appare qualche imputato responsabile di quel fallimento senza precedenti e poi torna nell'oblio. Roma ladrona? Certo. E Parma no? E che ne è di Consorte - Paperone di area diessina - passato come una meteora sulla grande stampa e che ora se ne parla come di un vecchio film visto in anni lontani? E, per quanto di portata minore, non ci si dimentichi della cosidetta "calciopoli". Dovrebbero, dunque, mettersi la maschera quei signori nordisti che hanno le mani in pasta, che manovrano capitali da vertigine facendo il bello e il cattivo tempo determinando le sorti dell'economia nazionale, mentre il Meridione continua a restare al traino di decisioni che vengono prese a Milano e dintorni. E dovrebbero vergognarsi quei sofoni della grande informazione che, non di rado, preferiscono omertosamente parlare d'altro.
Pippo Litrico (giornalista)
Ne è la riprova la sordina messa al caso Parmalat, una gigantesca operazione di razzia messa in atto con un giro vorticoso di affari illeciti e di società di facciata dentro e fuori i confini nazionali. Il tutto sulla pelle di migliaia di malcapitati risparmiatori. E ci si può ben immaginare cosa sarebbe accaduto se a fare andare in fumo i risparmi di mezza Italia fosse stato un imprenditore siciliano. Si può bene immaginare quanto clamore e proteste e anatemi si sarebbero levate al Nord, magari con richieste di valenti giuristi rivolte ad introdurre temporaneamente la pena di morte. E invece, chi ne parla più? Ogni tanto nei telegiornali appare qualche imputato responsabile di quel fallimento senza precedenti e poi torna nell'oblio. Roma ladrona? Certo. E Parma no? E che ne è di Consorte - Paperone di area diessina - passato come una meteora sulla grande stampa e che ora se ne parla come di un vecchio film visto in anni lontani? E, per quanto di portata minore, non ci si dimentichi della cosidetta "calciopoli". Dovrebbero, dunque, mettersi la maschera quei signori nordisti che hanno le mani in pasta, che manovrano capitali da vertigine facendo il bello e il cattivo tempo determinando le sorti dell'economia nazionale, mentre il Meridione continua a restare al traino di decisioni che vengono prese a Milano e dintorni. E dovrebbero vergognarsi quei sofoni della grande informazione che, non di rado, preferiscono omertosamente parlare d'altro.
Pippo Litrico (giornalista)
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